L'esoterismo cristiano e san Bernardo by René Guénon

L'esoterismo cristiano e san Bernardo by René Guénon

autore:René Guénon
La lingua: ita
Format: mobi, epub
Tags: archivio ladri di biblioteche
pubblicato: 2013-08-23T22:00:00+00:00


CAPITOLO SESTO.

NUOVE CONSIDERAZIONI SUL LINGUAGGIO SEGRETO DI DANTE

[Articolo pubblicato su Le Voile d’Isis. Parigi, luglio 1932]

Parlando precedentemente dei due volumi dell’ultima opera di Luigi Valli, abbiamo citato il lavoro che, sempre nello stesso ordine di idee, Gaetano Scarlata ha dedicato al trattato De Vulgari Eloquentia di Dante, o piuttosto, come egli preferisce chiamarlo (giacché il titolo non è mai stato fissato con esattezza), De Vulgari Eloquentia Doctrina, secondo l’espressione impiegata da Dante stesso per definirne l’oggetto fin dall’inizio, ed al fine di mettere in evidenza la sua intenzione circa il contenuto dottrinale della poesia in lingua volgare [Le Origini della Letteratura Italiana nel Pensiero di Dante, Palermo, 1930]. In effetti, quelli che Dante chiama poeti volgari sono coloro i cui scritti avevano, come lui dice, verace intendimento, vale a dire contenevano un senso nascosto, in conformità col simbolismo dei «Fedeli d’Amore», infatti egli li contrappone ai litterali (e non litterati, come talvolta è stato detto in modo inesatto), cioè a coloro che scrivevano solamente in senso letterale. I primi sono, per lui, i veri poeti, ed egli li chiama anche trilingues doctores, cosa che, da un punto di vista esteriore, si può intendere col fatto che tale poesia esisteva nelle tre lingue, italiana, provenzale (e non «francese», come dice erroneamente Scarlata) e spagnola, ma che in realtà significa (nessun poeta ha mai scritto infatti in tutte e tre le lingue) che essa doveva essere interpretata secondo un triplice senso [Senza dubbio, occorre intendere che si tratta di tre significati superiori a quello letterale, di modo che, con quest’ultimo, si avrebbero i quattro significati di cui Dante parla nel Convito, così come abbiamo indicato all’inizio del nostro studio su L’Esoterismo di Dante]; e Dante, a proposito di questi trilingues doctores dice che «maxime conveniunt in hoc vocabulo quod est Amor», che è un’allusione abbastanza evidente alla dottrina dei «Fedeli d’Amore».

Parlando di quest’ultimi, Scarlata fa un’osservazione molto giusta: egli pensa che non abbiano mai costituito un’associazione in forma rigorosamente definita, più o meno simile a quella della Massoneria moderna, per esempio, con un potere centrale e con quelle «filiali» nelle diverse località; e noi, in appoggio a questa osservazione, possiamo aggiungere che in seno alla stessa Massoneria non è mai esistito niente del genere prima della costituzione della Gran Loggia d’Inghilterra, nel 1717.

Del resto, non sembra che Scarlata abbia inteso la reale portata di un fatto come questo, che egli crede di dover semplicemente attribuire alle circostanze, poco favorevoli all’esistenza di un’istituzione che si presentasse con i connotati di una maggiore stabilità; in realtà, come spesso abbiamo detto, un’organizzazione veramente iniziatica non può essere una «società» nel senso moderno dei termine, con tutto il formalismo esteriore che ciò comporta; allorché incominciano a comparire degli statuti, dei regolamenti scritti o altre cose del genere, si può essere certi di trovarsi al cospetto di una degenerazione che conferisce all’organizzazione un carattere «semi-profano», se è possibile esprimersi così. Ma, per quanto riguarda la dimensione propriamente iniziatica, Scarlata non ha approfondito l’argomento e sembra anche che vi si accosti ancora meno di L.



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